Cassazione: illegittimi controlli a tappeto sui device dei lavoratori

Cassazione: illegittimi controlli a tappeto sui device dei lavoratori

Sono illegittimi i controlli a tappeto su computer, posta elettronica e telefoni da parte del datore di lavoro sui propri dipendenti. Lo ha sancito la prima sezione civile della Cassazione con sentenza 18302-2016 depositata ieri mettendo così la parola fine a una causa che aveva visto contrapporsi l’Istituto poligrafico e zecca dello Stato e il garante per la privacy.

Quest’ultimo, nel 2011, aveva emesso un provvedimento vietando al Poligrafico «l’ulteriore trattamento, nelle forme della conservazione e della categorizzazione, dei dati personali dei dipendenti, relativi alla navigazione Internet, all’utilizzo della posta elettronica e alle utenze telefoniche chiamate dai lavoratori».

In particolare, il servizio di navigazione del web predisposto dal Poligrafico sui dipendenti, «non si limitava», sottolineava il garante, «a rifiutare la connessione dei lavoratori ai siti non inerenti l’attività del Poligrafico, ma memorizzava ogni accesso e anche ogni tentativo di accesso» conservando i dati nel sistema per un periodo da sei mesi a un anno. Il garante censurava poi il sistema di conservazione «per prolungato periodo di tempo» sul server aziendale dei messaggi di posta elettronica inviati e ricevuti dai dipendenti e la possibile «visualizzazione integrale» da parte degli amministratori di sistema, senza aver fornito una specifica informativa in merito.

Stessa situazione, poi, era stata rilevata sul traffico telefonico. Il Poligrafico, dunque, si era rivolto al tribunale di Roma, che, nel 2013 aveva ritenuto che tali controlli violassero quanto stabilito dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori: «L’utilizzazione di tali impianti e apparecchiature per esigenze organizzative e produttive – aveva sottolineato il giudice di merito – è consentita al datore di lavoro ma solo a condizione di raggiungere un’intesa con le rappresentanze sindacali dei lavoratori oppure a seguito dell’espletamento delle procedure suppletive indicate dalla legge, mentre la loro utilizzazione è senz’altro vietata se attuata con la specifica finalità di esercitare una vigilanza sull’attività dei lavoratori».

Contro tale pronuncia il Poligrafico aveva presentato un ricorso in Cassazione, che è stato rigettato dai giudici di piazza Cavour: con la sentenza depositata ieri la Cassazione ricorda che la linea adottata dalla giurisprudenza di legittimità prevede che «l’effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che anche per i cosiddetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie» previste dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori e che «comunque questi ultimi non si traducano in forme surrettizie di controllo a distanza dell’attività lavorativa» dei dipendenti».