Privacy: il lato oscuro dell’Intelligenza Artificiale

Privacy: il lato oscuro dell’Intelligenza Artificiale

Privacy: il lato oscuro dell’Intelligenza Artificiale

Non è la prima volta che l’avanzare delle tecnologie solleva questioni etiche. Il caso oggi più interessante è quello dell’Intelligenza Artificiale, ossia di quella parte dell’informatica che sviluppa hardware e software in grado di rispondere in modo sempre più razionale alle richieste e ai bisogni umani.

Il segreto sta nello studio accurato dei processi cognitivi e logici che portano le persone ad analizzare problemi e prendere decisioni. Una volta inseriti questi meccanismi nelle macchine, si osserva la loro capacità di ricalcarli anche in situazioni molto diverse tra loro.

Due tovaglioli ciascuno

Un esempio potrebbe venire dai cartelli, posti ad esempio in alcuni autogrill, che recitano “Per favore: due tovaglioli a persona” e che intendono limitare lo spreco di carta da parte dei clienti. Un normale calcolatore prenderebbe in ogni caso due tovaglioli, senza se e senza ma, perché così recita il cartello. Un computer dotato di Intelligenza Artificiale, invece, dedurrebbe di poter prendere 0, 1 o 2 tovaglioli, ma non 3 o più.

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Cosa c’entra la privacy?

Il dibattito etico sull’Artificial Intelligence si sviluppa intorno a due considerazioni fondamentali: la prima rifiuta di vedere in un soggetto privo di coscienza e spirito critico qualsiasi forma di intelligenza, e riduce quindi la IA a un complesso sistema di regole di funzionamento di alcune tecnologie; la seconda, poi, nega l’idea di concedere capacità decisionale ai computer (che, una volta ricevuti gli input, sono liberi di arricchirli e applicarli di situazione in situazione) sempre perché sprovvisti di coscienza ed intelligenza sociale/emotiva.

L’argomento privacy è qui introdotto quasi subito. Se adesso rischiamo affidando ai dispositivi tecnologici i nostri dati personali, immaginiamo le implicazioni del mostrare loro come ragioniamo, quali sono le nostre abitudini, i nostri bisogni o le nostre preferenze. E immaginiamo poi che loro siano liberi di disporre di queste informazioni per dedurne altre e comportarsi di conseguenza.

L’enorme importanza che rivestono i sistemi che proteggono i nostri dati personali è evidente, ma è facile anche intuire come, di fronte a un mondo in cui l’Intelligenza Artificiale è diffusa capillarmente, si rivelerebbero insufficienti. Vediamo i principali motivi.

Intelligenza artificiale

1. La chiarezza dei ruoli nella privacy

I soggetti coinvolti nella privacy sono generalmente tre: il detentore dei dati, colui che riceve il consenso al trattamento, terze parti che riceveranno i dati in casi specifici e per motivi esplicitati. Ciascuna di queste tre parti ha un ruolo, dei diritti e dei doveri ben definiti.

Tuttavia, il sistema non prevede per ora la presenza di un dispositivo “senziente” in possesso dei dati personali di un utente. Come questo dispositivo dovrebbe essere inquadrato, e quali obblighi dovrebbe avere, è un dibattito aperto.

2. Le finalità del trattamento dei dati

Ben definite nell’informativa sulla privacy, le finalità per cui i dati sono raccolti e trattati non possono essere modificate senza chiedere nuovamente il consenso agli interessati. Un calcolatore dotato di IA però, nel processo di adattamento all’ambiente e quindi di modifica dei suoi comportamenti, potrebbe autonomamente cambiare tali finalità.

L’unica soluzione sarebbe di inserire una regola con potere di veto sulle decisioni del dispositivo, in gran parte limitando lo scopo per cui è stato ideato.

3. Necessario per chi?

Nel GDPR si legge che, oltre alle finalità definite nell’informativa, il trattamento dei dati può avvenire nel caso in cui sia “strettamente necessario” per usufruire di un servizio richiesto, parametro finora sempre applicato dagli umani su basi razionali e giuridiche, che sfuggirebbero al nostro controllo in caso le affidassimo al giudizio dei dispositivi dotati di Intelligenza Artificiale.

Privacy intelligenza artificiale

4. I limiti di concessione dei dati personali

Ciascuno è padrone della propria privacy. In altre parole, all’infuori degli obblighi di cittadinanza, tutti possono decidere quali dei loro dati personali condividere o meno, con chi e in che modo. Si è già notato tuttavia che i dispositivi con IA, a partire dai dati loro forniti, sono in grado di dedurre molte altre informazioni, comprese quelle strettamente personali e che magari l’utente avrebbe scelto di non condividere.

Inoltre, il consenso al trattamento riguarda solo i dati oggetto dell’informativa, e non altri che potrebbero essere condivisi in futuro.

Impedire ai computer di incrociare i dati loro forniti per dedurre stato di salute (protetto da regole ben specifiche! Eccole), idee politiche, convinzioni religiose o scelte etiche e morali delle persone significherebbe nuovamente limitarne il funzionamento e lo scopo.

5. Assenza di controllo

Infine, le tecnologie che funzionano con Intelligenza Artificiale non sarebbero passibili di controllo come invece sono le persone e le istituzioni che oggi detengono i dati personali altrui. Non controllabili e non punibili in caso di mancato rispetto delle norme, diventerebbero imprevedibili e potenzialmente pericolose per i dati sensibili dei loro proprietari.

Il dibattito è quantomai accesso e coinvolge i campi dell’etica, della politica, della filosofia e del diritto digitale. È probabile che la diffusione nel quotidiano dell’Intelligenza Artificiale non sarà possibile finché molte delle questioni di cui abbiamo parlato saranno risolte.

Nel frattempo, parlarne e rifletterci può aiutarci a familiarizzare con un tema solo apparentemente futuristico.

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